«Per Suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative. I fenomeni della natura oggettiva, in se stessi, dal punto di vista dei suprematisti, sono privi di significato; la sensibilità come tale, in realtà, è del tutto indipendente dall’ambiente nel quale è sorta. La cosiddetta “concretizzazione” della sensibilità nella coscienza significa, in verità, una concretizzazione del riflesso della sensibilità mediante una rappresentazione naturale. Una tale rappresentazione è senza valore nell’arte del suprematismo. E non soltanto nell’arte del suprematismo, ma nell’arte in genere, perché il valore stabile, autentico di un’opera d’arte (a qualsiasi “scuola” essa appartenga) consiste esclusivamente nella sensibilità espressa.» [Kazimir Malevič, Manifesto del Suprematismo, 1915] 

Presentato da Kazimir Malevič nel 1915 a Pietrogrado, in occasione della mostra “Seconda esposizione futurista di quadri 0.10”, e teorizzato nel Manifesto redatto in collaborazione con Vladimir Majakovskij nello stesso anno, il Suprematismo è il punto di approdo di un percorso iniziato da Malevič nel 1913, che porta progressivamente l’artista all’astrazione assoluta, dove lo spazio viene risolto in forme geometriche pure, con la perfetta coincidenza tra idea e percezione.

La ricerca di Malevič sulla struttura funzionale dell’immagine prende le mosse dallo studio di Cézanne, dei fauves e di Léger e, passando dall’esperienza cubo-futurista russa, arriva alla sintesi estrema di una realtà pittorica in cui soggetto, oggetto, tempo e spazio sono ridotti al grado zero, cioè alla pittura pura, in completa antitesi al realismo accademico. Il Quadrato nero su fondo bianco (1915) è l’emblema di questa svolta.

Si dichiara la completa autonomia della pittura da qualsiasi vincolo di rappresentazione della realtà, sia esteticamente che spiritualmente. Essa è pura sensibilità plastica, attraverso la quale l’artista deve comunicare nient’altro che l’essenza dell’arte, cioè l’arte fine a se stessa. E’ «la supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative» declamata nel Manifesto.

Nel frattempo, in patria, il mutato clima politico e culturale porta l’artista ad essere accusato di scarso impegno verso la Rivoluzione: la sua pittura è infatti totalmente svincolata da qualsiasi necessità o finalità concreta, cosa che lo porta a scontrarsi con il Costruttivismo di Vladimir Tatlin, che teorizza invece l’arte come progetto estetico strumentale e funzionale alla causa rivoluzionaria.

Nonostante l’accettazione della Rivoluzione, il rifiuto di Malevič di includere nella sua opera qualsiasi istanza politico-sociale è netto, e porta l’artista ad estremizzare ancora di più il proprio pensiero, arrivando a dipingere il Quadrato bianco su fondo bianco (1918).

Le idee di Malevič sono talmente radicali da rimanere sostanzialmente circoscritte al loro autore e a pochi altri artisti, che fanno loro la lezione del maestro, fra cui l’amico El Lissitskij e Ol’ga Rozanova.

A partire dal 1922 Malevič tiene una serie di conferenze in Europa, tra cui una in Germania al Bauhaus dove desta l’interesse di Moholy-Nagy, per tentare di diffondere il dettato suprematista fuori dalla Russia, ma con scarso successo. Solo successivamente, con l’espressionismo astratto di Ad Reinhardt e Barnett Newman e i monocromi di Yves Klein, si vedrà con maggior evidenza l’eredità del Suprematismo sull’estetica occidentale.

Fonti:

  1. L. Parmesani, L’arte del XX secolo e oltre. Movimenti, teorie, scuole e tendenze. Skira Editore, Milano, 2012, pp. 31-32.
  2. Il Novecento. Avanguardie. Collana “I Secoli dell’Arte”. Mondadori Electa, Milano, 2005, p. 79.
  3. https://www.treccani.it/enciclopedia/suprematismo/
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Suprematismo