Le radici delle avanguardie storiche, che hanno agitato il clima artistico della prima metà del Novecento, vanno ricercate nella svolta che a partire dalla metà del XIX secolo porta un gruppo di artisti, insofferenti nei riguardi dell’arte tradizionale insegnata nelle accademie, a contestare apertamente nei Salons ufficiali lo status quo, proponendo stili, tecniche e linguaggi innovativi, in grado anche di rispondere all’epocale cambiamento nella riproduzione della realtà e nella diffusione seriale delle immagini dato dalla nascita della fotografia.
Jean-Baptiste Camille Corot, Gustave Courbet e Edouard Manet con le loro ricerche sul realismo integrale sono precursori di questa svolta. La realtà, sia essa il paesaggio o la natura morta, va affrontata in maniera immediata, uscendo dagli studi ed entrando in contatto diretto con la natura, en plein air.
E’ questa la pratica adottata dal movimento impressionista, che a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento propone la tecnica dell’impressione retinica, secondo la quale l’artista deve rappresentare sulla tela tramite tocchi di colore puro l’immagine, veicolata dalla luce, rimasta impressa nei propri occhi. Si tratta di fissare sulla tela il fugace istante della visione. E questo attraverso la luce e il colore, rifiutando il chiaroscuro e il nero come assenza di luce. E con le ombre che si colorano, enorme diventa la distanza dagli insegnamenti delle accademie d’arte ufficiali. Claude Monet, Paul Cézanne, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Camille Pissarro e Alfred Sisley sono l’avanguardia di questo movimento che il 15 aprile 1874 tiene la sua prima mostra.
Fonte:
L. Parmesani, L’arte del XX secolo e oltre. Movimenti, teorie, scuole e tendenze. Skira Editore, Milano, 2012, pp. 13-14.