«Il Costruttivismo e l’azione di massa sono inscindibilmente legati al sistema del lavoro della nostra esistenza rivoluzionaria.» [Aleksej M. Gan, grafico e teorico russo] 

«Col filo di piombo in mano, con gli occhi infallibili come dominatori, con uno spirito esatto come un compasso, noi edifichiamo la nostra opera come l’universo conforma la propria, come l’ingegnere costruisce i ponti, come il matematico elabora le formule delle orbite. E’ per questo che nella creazione degli oggetti noi togliamo loro l’etichetta del proprietario, del tutto accidentale e posticcia, e lasciamo solo la realtà del ritmo costante delle forze insite in essi.» [Manifesto del Costruttivismo (Manifesto Realista), 1920] 

Il Costruttivismo nasce in Russia nel 1913, pochi anni anni prima della Rivoluzione del 1917, e si connota da subito per una concezione di arte non più fine a se stessa ma declinata in termini di utilità sociale.

Vladimir Tatlin, El Lissitskij e Aleksandr Rodčenko, muovendo da riflessioni sul ruolo dell’arte nell’ambito del progetto rivoluzionario, ridefiniscono l’arte stessa come funzionale e strumentale alla riuscita della Rivoluzione, da cui la necessità di essere utile alla società. L’arte, pur nella sua autonomia di linguaggio, deve visualizzare i concetti rivoluzionari, assumendo dunque il fondamentale ruolo di mezzo di comunicazione dei valori della Rivoluzione al popolo, contribuendo così alla formazione del nuovo Stato.

Le origini del Costruttivismo vanno ricercate negli sviluppi del Cubo-futurismo russo successivi alla prima guerra mondiale. In quegli anni Tatlin, influenzato da Picasso che aveva conosciuto a Parigi nel 1914 e dall’esperienza dei futuristi russi, matura l’idea di assemblare nelle sue opere i materiali più disparati provenienti dalla realtà concreta del nuovo mondo industriale della produzione di massa, quali vetro, acciaio, fogli di alluminio, legno e cavi, per raccontare in maniera originale e creativa l’inesorabile avanzata della modernità.

Sono anni di grande fermento ed entusiasmo per gli esiti della Rivoluzione del 1917, in cui la realizzazione di un mondo nuovo dopo secoli bui di povertà, immobilismo sociale e asservimento al potere delle classi dominanti, culminato da ultimo nella tragedia della prima guerra mondiale, pare davvero a portata di mano. La modernità che avanza impetuosa e il progresso tecnologico sono le migliori garanzie per la costruzione di una società migliore e più giusta. E l’arte ha il compito di esprimere questa tensione ottimistica verso un futuro migliore, di progresso economico e sociale che realizzi gli ideali politici della Rivoluzione di giorno in giorno attraverso il lavoro delle masse. L’arte tradizionale lascia così il posto ad un’arte proletaria e rivoluzionaria, che utilizza i materiali da costruzione del mondo moderno per raccontare questo nuovo corso della storia dell’umanità.

Esempi di questa nuova concezione dell’arte sono Il Monumento alla Terza Internazionale (1919) di Tatlin, imponente costruzione in vetro e acciaio simbolo della modernità, destinata ad essere la sede del Comintern a Pietroburgo rimasta tuttavia solo a livello di progetto, e l’opera Spezza i Bianchi col cuneo rosso (1919) di El Lissitskij, dove in una struttura geometrica astratta un cuneo rosso si insinua nelle forme bianche e nere dello sfondo comunicando la vittoria della Rivoluzione.

Molteplici sono le declinazioni teoriche del movimento, le cui due principali possono essere individuate nel Manifesto del Realismo (1920) di Antoine Pevsner e Naum Gabo, che rifiuta la negazione dell’arte come pura attività estetica, elaborando al contrario l’idea di un valore assoluto dell’arte stessa indipendente dal tipo di società, sia essa capitalista, socialista o comunista, e nel Manifesto del Produttivismo (1921) di Aleksandr Rodčenko e Varvara Stepanova, che punta invece proprio all’abbandono dell’idea di arte pura per un approccio maggiormente produttivo e industriale, concentrato sul design e le arti applicate, in cui le forme nuove dell’arte, astratte e geometrizzanti, devono essere progettate per una produzione e distribuzione di massa.

L’estetica e le idee costruttiviste avranno una notevole influenza sull’architettura russa con la nascita dell’Associazione degli architetti contemporanei (1925) e della rivista SA: Sovremennaya Architektura (1926-30).

Fonti:

  1. L. Parmesani, L’arte del XX secolo e oltre. Movimenti, teorie, scuole e tendenze. Skira Editore, Milano, 2012, p. 32.
  2. Il Novecento. Avanguardie. Collana “I Secoli dell’Arte”. Mondadori Electa, Milano, 2005, p. 81.
  3. https://www.treccani.it/enciclopedia/costruttivismo/
  4. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Costruttivismo_(arte)
  5. https://maschinenkunst.blogspot.com/2011/10/manifesto-del-costruttivismo-1920.html
  6. https://artericerca.blogspot.com/2011/12/avanguardie-il-costruttivismo.html

«L’arte non è uno specchio cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirlo.» [Vladimir Majakovskij] 

Tra la fine dell’epoca zarista e l’inizio dell’era sovietica la società russa, attenta alle novità emergenti dei linguaggi artistici europei grazie ai contatti con l’ambiente parigino di intellettuali e artisti del calibro di Majakovskij, Malevič, Kandinskij, Taitlin e Chagall, è attraversata da una profonda spinta modernista che mette in crisi l’ormai antiquato regime imperiale.

È questo un periodo di grande fermento artistico e culturale che porta il paese a collocarsi a pieno titolo all’interno della ricerca artistica internazionale, con la nascita di tre importanti avanguardie storiche: il Raggismo di Mikhail Larionov e Natalja Gončarova, il Suprematismo di Kazimir Malevič e il Costruttivismo di Vladimir Tatlin e Aleksandr Rodčenko.

Il primo, sotto l’influenza del Futurismo italiano, ricostruisce la superficie pittorica come fasci di luce in movimento che interagiscono e si scompongono nel rispetto delle leggi fisiche dell’interferenza e del prisma ottico. Il secondo azzera completamente la rappresentazione in favore della pittura pura, dove emerge solo la sensibilità dell’artista. Il terzo, muovendo da riflessioni sul ruolo dell’arte nell’ambito del progetto rivoluzionario, ridefinisce l’arte stessa come funzionale e strumentale alla riuscita della Rivoluzione, da cui la necessità di essere utile alla società.

Dopo una stagione d’oro collocata tra la Rivoluzione del 1917 e l’inizio degli anni ‘30, le avanguardie russe vanno quindi progressivamente esaurendo la loro spinta propulsiva a favore di un ritorno all’ordine, sperimentato in quegli anni in forme analoghe anche in altri paesi come l’Italia, rappresentato artisticamente dal figurativismo tipico del realismo socialista del periodo staliniano.

Fonti:

  1. L. Parmesani, L’arte del XX secolo e oltre. Movimenti, teorie, scuole e tendenze. Skira Editore, Milano, 2012, pp. 30-32.
  2. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Avanguardie_artistiche_in_Unione_Sovietica